Irriverente, dissacrante, politicamente scorretto. Questo è “Lo schiavista” di Paul Beatty, vincitore del Man Booker Prize 2016. Dimostrando un’irresistibile vena ironica e un incredibile talento nello sfruttare al massimo tutte le potenzialità offerte dal linguaggio, Beatty ci racconta una storia surreale, al limite del paradossale, una storia che solo uno scrittore dalla pelle nera avrebbe potuto raccontare senza rischiare di essere tacciato di razzismo. Da leggere
Lo schiavista
"So che detto da un nero è difficile da credere, ma non ho mai rubato niente. Non ho mai evaso le tasse, non ho mai barato a carte. Non sono mai entrato al cinema a scrocco, non ho mai mancato di ridare indietro il resto in eccesso a un cassiere di supermercato". Questo l'inizio della storia di Bonbon. Nato a Dickens - ghetto alla periferia di Los Angeles - il nostro protagonista è rassegnato al destino infame di un nero della lower-middle-class. Cresciuto da un padre single, controverso sociologo, ha trascorso l'infanzia prestandosi come soggetto per una serie di improbabili esperimenti sulla razza: studi pionieristici di portata epocale, che certamente, prima o poi, avrebbero risolto i problemi economici della famiglia. Ma quando il padre viene ucciso dalla polizia in una sparatoria, l'unico suo lascito è il conto del funerale low cost. E le umiliazioni per Bonbon non sono finite: la gentrificazione dilaga, e Dickens, fonte di grande imbarazzo per la California, viene letteralmente cancellata dalle carte geografiche. È troppo: dopo aver arruolato il più famoso residente della città - Hominy Jenkins, celebre protagonista della serie Simpatiche canaglie ormai caduto in disgrazia -, Bonbon dà inizio all'ennesimo esperimento lanciandosi nella più oltraggiosa delle azioni concepibili: ripristinare la schiavitù e la segregazione razziale nel ghetto. Idea grazie alla quale finisce davanti alla Corte Suprema.
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Autore:
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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SILVIA LOPRIORE 28 novembre 2017
Non è semplice recensire questa opera, che ha vinto il Man Booker Prize nel 2016, perché è un buon romanzo ma presenta anche delle difficoltà per il lettore medio. Lo schiavista è politamente scorretto, molto acuto, divertente e si fa apprezzare per le provocazioni. Anche la scrittura è apprezzabile, anche se in alcuni punti non sempre fluida. Ci sono moltissimi riferimenti ad eventi e aspetti della vita sociale americana, per cui se non si ha un minimo di conoscenza della cultura e della storia afroamericana risulta oscuro e/o noioso.
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Romina Anardo 06 marzo 2017
Lo schiavista è un romanzo duro, violento e ironico. Paul Beatty descrive la società americana non usando sicuramente il politically correct. Lo schiavista racconta la storia di Bonbon, un nero che vive in una periferia di Los Angeles in un ghetto così vergognoso che la California decide di toglierlo dalle carte geografiche. Bonbon è cresciuto con il padre, single sociologo che lo costringe a esser la cavia dei suoi, spesso violenti, esperimenti scientifici sulla razza. Un giorno il padre viene ucciso dai poliziotti e Bonbon si ritrova da solo. Viene, suo malgrado, costretto a diventare padrone di un vecchio nero che vuole essere suo schiavo e così Bonbon segue le orme del padre dando inizio ad un nuovo esperimento…Ovviamente Bonbon finisce davanti alla Corte Suprema a spiegare come mai un nero possiede nel XXI secolo uno schiavo negli Stati Uniti d’America. Con questo romanzo Paul Betty ha vinto il Man Booker Prize 2016 ed il National Book Critics Circle Award 2016. Lo Schiavista non è un romanzo adatto a tutti, la violenza con cui vengono raccontanti alcuni episodi accompagnati sempre da un’ironia sottile rendono gli avvenimenti stessi ancora più macabri di quello che sono. Il libro è sicuramente molto incisivo, Paul Beatty fornisce un quadro esatto delle periferie-ghetto disseminate in tutti gli Stati Uniti denunciando con ironia e sfrontata brutalità le diseguaglianze sociali del mondo moderno.