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Il mio cantante preferito eppure devo dire che questo è il suo album che sono riuscita ad apprezzare di meno e non so nemmeno perché. Non è un brutto album, anzi, è comunque un bell'album, anche considerato le uscite degli ultimi anni nella scena musicale ma per quanto mi riguarda preferisco i suoi altri. Consiglio comunque di comprarlo e ascoltarlo perché non ve ne stancherete, infatti ogni volta che ascolterete una canzone noterete sempre qualcosa di nuovo in più, ecco perché la sua musica non si invecchia mai.
Bellissimo cd, tracce estremamente godibili, e un Fabrizio che ha raggiunto una maturità increbile! Consigliattissimo
Un album decisamente più maturo rispetto ai precedenti. Testi originali e finalmente un po' meno volgarità nel linguaggio. FabriFibra è come il vino.. migliora col passare del tempo.
Recensioni
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Se il rap italiano di oggi ha bisogno di un Fedez solo come bersaglio per divertite prese per il culo (ah, il dissing…) ben diverso è – all’interno di una “scena” sempre più affollata – il ruolo di Fibra. Fabri è la superficie che ha a disposizione l’hip hop italiano per specchiarsi e vedere se esiste davvero, anche con qualche cicatrice e capello bianco in più. E non solo perché è stato il primo ad avere quel successo che la nuova scena ha visto solo nei meme (Magazine della Dark Polo Gang immagina una visibilità che forse mai avranno e ci fa ironia prima che sia realizzata), ma soprattutto perché ha sviluppato un percorso professionale talmente imprevedibile – tra hit e flop – e personale da risultare come uno dei pochi credibili prima come uomo (maschio, ora quarantenne, tormentato) che come rapper.
Senza girarci troppo intorno, Fabri Fibra è il nostro Eminem, nel bene e nel male, fatto a sé stesso e agli altri. Fenomeno è un disco che vince la tentazione omologatrice imperante dal rap marketing, non segue le impronte delle nuove sneaker di tendenza, ma si presenta nudo e in disordine al grande party delle classifiche. Basta ascoltare Ringrazio, forse il pezzo più importante della sua carriera e in generale una delle future pietre miliari dell’hip hop italiano: una base scassata e quasi grime è la stampella per tentare di tenere a tempo uno sfogo che parola dopo parola diventa un racconto – lontano dalla banalità dell’autofiction romanzata – che traghetta il genere dalla CNN del ghetto a quella dell’anima.
Non ci vuole solo coraggio a scrivere un pezzo così, parlando “non bene” della madre, ci vogliono soprattutto esperienza e mestiere per dare valore al rischio, renderlo unico e non solo piccola provocazione (non è un caso se i rapper che rischiano oggi abbiano tutti passato abbondantemente i trenta, ascoltate l’ultimo di Dargen D’Amico). Ringrazio potrebbe bastare per consigliare l’acquisto di tutto l’album, ma ci sono altre due tracce che testimoniano il dono e lo sforzo di Fibra di stare lontano dal banale (e non è semplice scimmia per la provocazione) lasciando intravedere che la sfida di tutto il rap a venire non sarà né nelle basi né nel flow, ma nella scrittura: Stavo Pensando a Te, canzone d’amore all’humor nero, e Le Vacanze, piccola madeleine “senza zuccheri” che cita l’Enzo Jannacci de Lo Zoo Comunale. Poi non dimentichiamo che il rapper è anche un buon artigiano di hit, ne sono la conferma la title track e Pamplona, già promessa di tormentone estivo anche grazie al ritornello dei Thegiornalisti.
Recensione di Giovanni Robertini.
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