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Anno edizione: 2019
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Il senso di umanità dei Greci e dei Romani era migliore del nostro? Quale posto occuperebbe nel mondo antico la Dichiarazione universale del 1948? Intanto nel canale di Sicilia non si soccorrono i naufraghi. Nel medesimo luogo ove Enea, diretto in Italia, fu soccorso da Didone.
«È la guida ideale per comprendere come la cultura classica si rapportava a chi proveniva da oltre il confine, alla donna, al bambino, all'uomo che oggi chiamiamo migrante» - Marco Bracconi, Robinson
Questo libro inizia con un episodio dell' Eneide : il naufragio dei Troiani sulle coste di Cartagine (nei pressi dell'odierna Tunisi, nel canale di Sicilia) mentre sono diretti in Italia. Enea e i suoi vengono accolti dalla regina Didone in nome dell'umanità e del rispetto verso gli dèi, perché le frontiere si chiudono di fronte agli aggressori, non ai naufraghi. Scrive Bettini: «Ci sono troppi dispersi nel mare che fu di Virgilio, troppi cadaveri che fluttuano a mezz'acqua perché quei versi si possano ancora leggere solo come poesia. Sono diventati cronaca». Il libro propone dunque una triplice esplorazione della cultura antica alla luce di ciò che oggi definiamo "diritti umani": per scoprire in Grecia e a Roma alcuni incunaboli della Dichiarazione; per misurare gli scarti che su questo terreno ci separano dalla società e dalla cultura antica; infine per mettere in luce alcune specifiche forme culturali in base alle quali Greci e Romani si ponevano problemi equivalenti a ciò che oggi definiamo diritti umani. Ancora una volta, riflettere sul mondo antico ci aiuta ad orientarci nel presente.
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Quando i Troiani, fuggiti dall'incendio di Troia, naufragano nei pressi di Cartagine, Ilioneo, uno dei pochi superstiti, assieme ad Enea, rivolgendosi alla regina di Cartagine, dice: "Noi ti preghiamo, salva un popolo pio...non negarci accoglienza alla riva, non scacciarci al margine estremo del lido, perché se disprezzi il genero umano, temi almeno gli dèi, memori di giustizia e iniquità". Didone risponde con queste parole: "Se volete restare con me in questi regni, da uguali, vostra è la rocca che innalzo. Per me tra Tirio e Troiano non si farà differenza...Non ignara di mali imparo a soccorrere i miseri". Nell'Italia di oggi il governo al potere, invece, chiude i porti "ai gommoni e ai barconi carichi di fuggiaschi che affondano nel canale di Sicilia" e tra questi abbiamo dei Siriani che, al pari dei Troiani fuggono dalla guerra che devasta la loro patria. Più avanti negli anni Seneca parlerà di "humanum officium", ossia del "dovere degli uomini verso altri uomini"; in altre parole la natura "comanda che le nostre mani siano sempre pronte a soccorre i bisognosi perché siamo nati nel vincolo di obblighi reciproci. La nostra società è come un arco fatto di pietre, che sta su perché esse si sostengono l'una con l'altra, altrimenti crollerebbe."
Un libro da far leggere alle scuole superiori come testo fondamentale di comprensione umana
Da quattro decenni, Maurizio Bettini ci guida alla scoperta delle strutture antropologiche del mondo greco e romano. La stima con cui è seguito al di fuori del mondo accademico mostra che questa profondità di sguardo favorisce la riflessione sul senso della nostra vita e aiuta alla comprensione di un presente. Di fronte alla regressione di usi, costumi, linguaggi, rivolgersi ai classici e al loro background potenzia il respiro; e loro, per “humanità” (come scriveva Machiavelli) ci rispondono e pongono a loro volta domande inevase. Questo libretto, il cui titolo muove da un celebre detto di Terenzio, parte da un Mediterraneo in cui non si dà soccorso ai naufraghi e ripercorre, passando per un altro gruppo di naufraghi, Enea e i suoi soccorsi da Didone, la nozione di umanità nel mondo greco e romano. Ne seguono spunti di riflessione fecondi per interrogare fuori da ogni retorica (e da ogni negazione balorda) la nozione di “diritti umani”. Ora che i “rari nantes” dell’Eneide vengono abbandonati cinicamente, e che il “gurges” si alza su di loro senza suscitare reazioni responsabili nelle istituzioni italiane ed europee, è urgente chiedersi che uomini siano mai quelli che permettono simili sofferenze, in che cosa consista l’essere uomini e come si possa riprendere una riflessione sui diritti delle umane creature. È urgente che ricercatori dediti al presente, studiosi del mondo antico e attivisti per i diritti umani trovino il modo di parlarsi tra loro. Bettini fornisce un contributo snello, documentato, acuto. Un solo rilievo: si parla anche qui di “disperati”, una parola usata sistematicamente come sostantivo dai cronisti, che rischia in questa ripetizione pigra di ontologizzarsi (non persone disperate in un frangente difficile, ma disperati in profondità, nell’essere loro proprio): uno sguardo più prossimo permette di vedere che sono, pur “rari nantes”, portatori di speranza: i veri disperati sono altri, che vogliono privare noi esseri umani di speranze.
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