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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2021
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Questa amarissima raccolta di racconti è di una bellezza disarmante: ogni storia, per quanto breve, è animata da una luce sorprendente, capace di raccontare una vita intera attraverso la scelta di un singolo evento o un trauma solo in apparenza trascurabile. Assolutamente da leggere.
Figlio di Kafka, cugino di Camus, Dagerman appartiene alla famiglia dei ribelli della condizione umana. Anarchico, viscerale, vulnerabile, ossessionato dal tempo e dalla morte. "Sua colpa fu l'innocenza", lascia scritto sul suo epitaffio nel Viaggiatore, la colpa di chi ha scelto di non venire a patti con la vita, non riuscendo a perdonarsi di aver fatto della sua disperazione un'opera d'arte.
In questo volume sono raccolti alcuni racconti , che a dire il vero sembrano essere più riflessioni che novelle narrate. La prosa non è sempre agevole da leggere, del resto questo fu uno scrittore politicamente impegnato, non esattamente un romanziere. Per chi ama le letture un po' più intellettuali, non per chi ama la narrazione.
Recensioni
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scheda di Baggiani, A., L'Indice 1992, n. 6
Nove racconti, accompagnati da un saggio, quasi racconto, e da alcuni frammenti poetici postumi accanto a un amaro autoritratto in terza persona dello scrittore, che basterebbe a rendere ragione del suo precoce suicidio, a trentun anni, nel 1954, dopo una frenetica attività letteraria coronata dal successo. Un successo, appunto, sentito come coercizione e colpa, in totale divaricazione dalle aspirazioni anarchico-libertarie di Dagerman, geniale scrittore di romanzi intensi e rigorosi ("Il serpente", "Bambino bruciato", e il bellissimo "L'isola dei condannati"), nonché di quella specie di testamento spirituale che è "Il nostro bisogno di consolazione" (Iperborea, 1991), oggi così attuale. Ma questi, scritti tra il 1947 e il 1953, sono quasi racconti esemplari, al di là di sperimentalismi e durezze stilistiche tipiche dello scrittore. Il taglio cinematografico di "Uccidere un bambino", insolito per l'epoca, ne accentua l'effetto choc, di contro alla misura, quasi da moderno "Cuore", ma senza retorica, del sensibile "La sorpresa". Echi lontanamente bergmaniani in altri racconti ("La scacchiera da viaggio" o "Il freddo della notte di San Giovanni"), attenta registrazione di solitudini adolescenziali, o nel delicato, fantasioso "A casa della nonna" mentre ne "L'auto di Stoccolma" affiora - sempre attraverso l'ottica infantile - la durezza della vita di campagna. Emarginati, lontani, fermati nel tempo dello scacco, questi piccoli e grandi antieroi di Dagerman, senza possibilità di riscatto, ci si consegnano come simboli della scomparsa di ogni speranza. Ma, più ancora, della infelicità senza desideri alla Handke, se nel racconto d'apertura neppure la ricerca dell'acqua verde, l'idea fissa del lord, apre possibili spiragli al ragazzo che rema, rassegnato alla rinuncia.
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