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Con Nel muro, Corona torna a raccontare i boschi, gli animali e gli uomini della sua terra.
«Da oriente, la luce del primo mattino pioveva come una polvere d'oro a carezzare il silenzio di quelle rovine. Un secolo e mezzo prima, tra quei muri batteva il cuore dei dimenticati. Anime dissolte nel nulla. Chi erano? Com'erano scomparsi? Che fine avevano fatto?»
Nel fitto di un bosco di uno dei monti dell'Italia settentrionale un uomo ritrova una baita appartenuta ai suoi antenati. Decide di ristrutturarla, per andarci a vivere e sfuggire così alla crudeltà del mondo che lo circonda. Ma, mentre lavora, un colpo di piccone bene assestato cambia per sempre la sua vita. Dietro la calce, in un'intercapedine del muro, trova i corpi mummificati di tre donne. E si accorge che sulla loro carne sono stati incisi dei segni, quasi lettere dell'alfabeto di una lingua misteriosa e sconosciuta. Qual è la storia delle tre donne? Chi le ha nascoste lì? Qual è il terribile messaggio che quelle lettere vogliono comunicare? Ed è possibile che la cerva dagli occhi buoni che sbuca ogni sera dal bosco voglia davvero proteggere l'uomo e rivelargli qualcosa? Mentre le tre mummie cominciano a infestare i suoi pensieri e i suoi sogni, trasformandoli in incubi e allucinazioni, l'uomo si mette alla ricerca della verità, una ricerca che può portarlo alla perdizione definitiva o alla salvezza. O forse a entrambe. Mauro Corona, dopo anni in cui si era dedicato a forme più brevi, torna al romanzo vero e proprio. E lo fa con un libro che racconta la maestosità della natura e la cattiveria degli uomini, denso di immagini - per esempio quella del pivason, l'uccello-vampiro, e del suo spaventoso verso, presagio di morte - e di momenti di lirismo, come la scena in cui il protagonista scende in una foiba e dentro una pozza d'acqua scopre un piccolo essere di cui si sente improvvisamente e inaspettatamente fratello.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Demenziale, ripetitivo, profondamente misogino. E' il primo libro che leggo di Corona. A questo punto sarei veramente curioso di leggerne un altro, ma devo trovare il coraggio.....
E' il primo libro che leggo di questo autore, non l'ho scelto, mi è stato regalato. Devo dire che mi ha scosso, mi ha molto impressionato. Un personaggio che inizia affermando che il padre è una carogna e la madre è una troia ti sfila un po' la sedia da sotto, al contempo non ti concede neppure di immedesimarti con lui, non è mai ammiccante. Si può provare empatia per uno che ha fatto dell'odio per il genere femminile il suo credo? Epperò... Uno che cerca di risalire alle radici di questo odio ai suoi antenati, alla disperata ricerca del fondamento di un male irredimibile, che si può estinguere solo interrompendo la prosecuzione della specie e la sua stessa vita. Coprotagonista una natura mai idilliaca, un uccello mitico vampiresco che come la morte non si può guardare direttamente in faccia, un silenzio in cui rimbombano i battiti dei fantasmi delle vittime. Ma anche una natura come ultimo rifugio di accoglienza dalla barbarie della specie umana, dove il mistero del male e la bellezza convivono. La cosa che più mi ha colpito è che qui il male non è letteralmente dicibile nell'alfabeto umano, occorre dolorosamente e faticosamente decriptarlo lettera per lettera da un misterioso codice dell'orrore. Un viaggio al termine della notte per espiare la colpa dei padri e sfuggire a una predestinazione al male, a cercare una possibile redenzione in cui la consapevolezza è solo l'inizio...
Questo libro è paradossale, ma io lo vedo come geniale. Bisogna leggerlo tenendo in mente che questa violenza inaccettabile viene descritta in modo metodico per essere meglio eradicata. La purificazione di questa misogninia con radici culturali, cioè che viene trasmessa in modo inconscio, avviene tramite catarsi, perchè il raccontare non è compiere realmente la violenza. Nemmeno l'autore cerca di insegnarci o invogliarci ad essere come lui. Il narratore di questo libro, che assomiglia a Corona, ma con un margine d'irrealtà, esprime auto-disprezzo al punto di non volere diventare genitore, al punto di volere suicidarsi. Nell'ideale Corona non promuove la violenza, al contrario la denuncia. Lui stesso racconta di avere amato una donna e quindi di essere in grado di entrare in una forma di rispetto nel rapporto col sesso opposto.
Recensioni
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