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Dei libri di Nabokov che ho letto è stato quello che ho avuto più difficoltà a leggere (nonostante il solito, eccellente, stile); l'analogia tra scacchi e vita può sembrare poco originale, ma il modo di Nabokov di raccontare il delirio di Luzin nel corso della sua vita dovuto alla sua "passione" (termine riduttivo) per gli scacchi è sublime. Finale a suo modo spettacolare e liberatorio, sia per Luzin, che per il lettore.
La razionalità calcolante dell'uomo progettuale, se non controbilanciata da altre istanze meno razionali e più dionisiache, può condurre il soggetto verso il delirio psicotico. Gli scacchi rappresentano un territorio possibile di questa deriva dell'Ego, basti ricordare la parabola di Bobby Fischer. E a maggior ragione quando si tratta - come in questo romanzo - di un individuo già abbastanza straniato per ragioni biografiche e a causa delle interferenze della storia. Alla fine resta l'immagine di un uomo paralizzato nel presente perché terrorizzato dall'avvenire, ossia da qualcosa che non potrà mai controllare. «Ogni futuro è ignoto, ma a volte assume una nebulosità particolare, come se altre forze venissero in soccorso alla naturale riluttanza del destino» (p. 58).
La vita di Luzin SONO gli scacchi. Prova a vivere la sua vita senza, ma non è possibile: la sua forma mentale adatta qualsiasi situazione ad una scacchiera in cui compiere la migliore mossa, la "difesa" nei confronti dell'avversario (la morte, la vita, la "normalità", cosa?). Certo, c'è il suicidio: altro colpo di genio dell'autore con il protagonista che esce dalla scacchiera da una finestrella del cesso, esce dalla pagina, come il nastro de "L'incantatore" si distorce, così ne "La difesa di Luzin" la pagina sembra quasi non poter più contenere il personaggio che ne esce fuori dai contorni e vola via (a terra?). La storia potrà sembrare banale per un romanzo degli anni '20 o '30 (non lo è, ovviamente) ma rileggete con calma, godetevi lo stile, l'architettura del tutto. Credo che sia l'ennesimo capolavoro di Nabokov, tra i suoi migliori, di certo ai livelli di "Lolita", "Il dono" e forse, ripeto forse, anche dell'immenso "Fuoco pallido".
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